Oggi qualcuno mi ha detto che vivo in un mondo tutto mio, con mie regole e dove si fa quello che dico io. Non mi ha detto solo questo in realtà, abbiamo parlato di tante cose che già sapevo e ho solo avuto conferme di ciò che pensavo anche se non credevo a questo livello, di sofferenza anche, ma questa affermazione è stata quella che fra tutto il discorso mi ha colpito di più, dettaglio poi che tutto quello che ho detto io è stato ignorato.
E io che mi sono fatta finora le fisime mentali per tutto e tutti. Guarda un po’ cosa ho trasmesso.
Vivo in un mondo tutto mio, dove me ne frego di tutti, di come stanno e cosa provano gli altri, dove è impossibile parlare con me, farmi cambiare idea, io che non sono aperta a nessun dialogo e comprensione verso il prossimo.
Non ho contraddetto questo pensiero, non perché non sia vero, semplicemente perché non mi aspettavo che chi mi conoscesse potesse arrivare a etichettarmi così in maniera riduttiva. Sono quel che sono per ciò che ho passato, nonostante tutto non sono un mostro, nonostante tutto cerco sempre di mettermi dall’altra parte, prendendomi colpe che non mi spettano e sofferenze non riservate a me. Troppo comodo ridurre la mia persona solo a questa affermazione…
Potrebbe anche essere il titolo del mio libro.
Penso che chiunque viva in un mondo tutto suo, perché ha le proprie regole, valori, idee e tutto il resto. Nessuno può etichettare il modo in cui viviamo.
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Esatto ma la persona che me lo ha detto intendeva dire che io non sono comprensiva e irremovibile sulle mie convinzioni, cosa non assolutamente vera se mi conoscesse DAVVERO, per questo mi ha colpito
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